La Sardegna è un’isola selvaggia e affascinante che sorprende e conquista per l’immensa bellezza e per
i piccoli tesori naturalistici e archeologici che si nascono in ogni angolo: uno di questi è sicuramente il
bellissimo canyon di Su Gorroppu, una spaccatura lunga 1,5 km immersa nella natura più autentica ai
confini tra la Barbagia e l’Ogliastra.

E’ proprio qui che ho trascorso quest’ultima domenica, completamente circondata dalle alte mura del
canyon, che si innalzano per 500 metri d’altezza, e stordita dalla straordinaria forza della natura capace
di creare luoghi così suggestivi.

Dopo la sveglia alle prime luci del mattino e un lungo tragitto in macchina, arrivo con un’amica al punto
d’incontro, proprio all’uscita del paese di Dorgali, dove ci attende la nostra guida e il resto del gruppo con
il quale passeremo le successive ore di trekking.

Scambiati i primi convenevoli saltiamo tutti su una jeep e ci dirigiamo all’ingresso del sentiero per Su
Gorroppu, attraversando una pianura ricca di vigne dai colori autunnali e piccoli cipressi che ne
delimitano i confini. Arrivati ad un cancello parcheggiamo e ci prepariamo ad iniziare la nostra
escursione: sei km per andare, una strada con varie discese e salite e il sole caldo, che ci aveva graziato
per questa giornata, che ci riscalda sotto gli strati di vestivi.

Iniziamo il trekking immergendoci sempre più nel Supramonte, sotto il bosco di leccio e lentischio e
circondati da alberi di mirto e corbezzolo, una delizia selvatica per il palato. Rimango estasiata per il
panorama meraviglioso, dove alte montagne verdi si susseguono una dietro l’altra, e quasi senza fiato
per le salite dato che non sono per niente allenata per le escursioni!

Lungo la strada troviamo delle fonti d’acqua fresca dove rilassarci un attimo e riempire le bottiglie per
dissetarci lungo il cammino; superata la seconda fonte il sentiero si fa più stretto e passa sotto gli alberi
che intrecciandosi creano una galleria naturale sulla strada. Il vento freddo soffia lievemente e le foglie
rosse dei rami volano dolcemente sui nostri visi, creando un’atmosfera suggestiva e quasi fiabesca; uno
spettacolo semplice quanto magico!

Camminiamo lenti, facendoci superare da altri gruppetti (chi sa dove andavano con tutta quella fretta?),
e ascoltiamo attenti le storie del canyon e le piccole curiosità che la guida ci racconta accuratamente,
felice di poter rispondere alle tante domande che gli facciamo.

Dopo circa due ore e mezza gli alberi iniziano a diminuire e scendendo una ripida discesa tra le rocce ci
troviamo di fronte al maestoso ingresso di Su Gorruppu. Che dire, un capolavoro della natura che non
trova parole per essere descritto! Paghiamo un piccolo pedaggio e ci infiliamo tra le alte mura,
scavalcando grossi massi bianchi e lisci e passando sopra a rami levigati incastrati tra le rocce.

In alcuni punti si nascondono delle pozze d’acqua limpidissima e trasparente che fanno venire voglia di
fare un bel bagno, ma visto il vento freddo che attraversa veloce la gola e si insidia sotto i vestiti ci
rinunciamo; sarà per la prossima!

Infilandomi nel cuore del canyon mi sento come una piccola formica che esplora quasi timida un nuovo
mondo, dove il silenzio regna sovrano spezzato solo dall’eco delle nostre voci. Le pareti laterali non sono
delle semplici rocce grigie, ma sprigionano vita: il giallo, l’arancio il verde e il nero sono i colori che
dominano Su Gorroppu e la guida ci spiega che le colate nere, che a primo impatto sembrano di origine
vulcanica, sono invece dei licheni che muoiono e diventano scuri a causa degli sbalzi di temperatura a
cui è soggetta la gola ogni anno; in estate un caldo che… spacca le pietre, per intenderci, ed in inverno
un freddo glaciale!

Se da fuori sembra tutto calmo e piatto sotto terra, a 500 metri di profondità, scorre impetuoso il Rio
Flumineddu, il fiume che con il tempo ha modellato uno dei canyon più profondi d’Europa. Insomma,
qualcosa di straordinario che solo a pensarci mi fa venire i brividi.

Dopo essere scivolata – non proprio come Indiana Jones, precisiamo – su massi enormi, aver saltato da
un lato all’altro piccoli fiumiciattoli ed essermi arrampicata su lunghi rami di legno, arrivo alla fine del
percorso di media difficoltà: qui i massi non sono più enormi, ma giganteschi e ostruiscono qualsiasi
possibile sentiero, impedendo il passaggio se non con le funi e la dovuta attrezzatura. Qui l’acqua cola
dalle rocce sporgenti, creando piccole cascate che cadendo sui massi rendono scivolosa la camminata –
a dire che avevo intenzione di andare con le scarpe sportive e non con quelle tecniche-, e l’umidità
diventa sempre più alta.

Per concludere in bellezza la faticosa camminata ci sediamo sulla fredda pietra e ci godiamo il nostro pranzo a sacco. La guida ci offre del buonissimo Cannonau fatto in casa e dei dolcetti di cotognata, la
marmellata solida ottenuta dalle mele cotogne, da leccarsi i baffi.

Riprendiamo il nostro cammino che il sole ha lasciato il posto alle ombre e al freddo del primo
pomeriggio e raggiungiamo di nuovo l’ingresso della gola, dove ci fermiamo a contemplare il piccolo
fiume che sgorga da sotto terra e continua il suo tragitto tra i monti in lontananza.

Risalendo il sentiero e lasciando questa meraviglia alle spalle provo già nostalgia, consapevole che non
la rivedrò presto, ma in un batter d’occhio guardo avanti e inizio a muovere lentamente i piedi,
ricordandomi che mi attende ancora tutta la strada del ritorno!